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Anima

di Giorgia Faenza

Una goccia dopo l’altra, un passo dopo l’altro, una vita dopo l’altra, ogni giorno di pioggia si dimostra per quello che sa essere, ovvero sempre più bello da ricordare rispetto all’afa estiva... quella sensazione di soffocare tra le mani di un caldo assordante, comparato alla libertà della pioggia, così bella e così problematica, sembra ormai un ricordo lontano.

Tra le piccole menti in via XXI Settembre, nel cuore di una Piacenza indaffarata, ovvero tra chi corre per un riparo e chi salta piuttosto che camminare per andare al lavoro, sbucava la testolina di Jo, la quale rimaneva ferma. Ferma ad osservare la vita che andava avanti. Jo, della quale testolina nel frattempo non si ebbero più tracce se non sulle nuvole, si lasciava cadere nel turbine di suoni che la avvolgevano, come una cornice scelta su un quadro non ancora ideato. Alzando gli occhi al cielo, un sorriso sorse spontaneo sul suo volto, mentre quel qualcosa di più sopportabile di una bufera la spingeva a cercare riparo, nonostante lei avrebbe voluto fermamente tornare a casa fradicia, probabilmente. Svoltata in una stradina perpendicolare, guardò davanti a sé. Nessun rumore, niente di niente, ma ogni passo diventava sempre più pesante, ogni respiro più affannato. Ogni secondo che passava era speso in un ogni modo fuorché per provare a decifrare ciò che il cartello indicava. Esso così citava “Biblioteca Passerini-Landi”, ma Jo non ebbe cura di tali parole e corse dentro, pur di trovare riparo dalla pioggia e da sé stessa. All’interno vi trovò, in realtà, tanti sorrisi ad accoglierla, che però lei non riusciva in qualche modo ad apprezzare e ricambiare, senza capire però il perché.

Ogni passo era molto più leggero lì dentro, ma da dove derivava questa pesantezza del cuore? Perché ai suoi occhi ogni gesto, anche il solo digitare al computer delle bibliotecarie, sembrava falso? Aveva bisogno di trovare una soluzione. Si recò nella seconda stanza dedicata alla narrativa. Chiuse gli occhi e inalò quel profumo di carta stampata che tanto apprezzava, le sue mani correvano sulle copertine come se fossero infiniti corpi da spogliare e amare. Un piccolo sorriso solcava il suo viso, mentre piano piano usciva da quella stanza, in direzione di uscita dalla biblioteca. Ma nel percorrere quel corridoio perpendicolare all’uscita, vide nel reparto dei consigli dei dipendenti, da parte a “Il ritratto di Dorian Gray”, un libro lì abbandonato, una raccolta di scritti tratti dal diario di Vincent Van Gogh, e improvvisamente gli occhi di Jo ripresero a brillare. Lo aprì lentamente e lesse le prime righe, erano una citazione dell’artista “Vedo ovunque nella natura, ad esempio negli alberi, capacità d’espressione e, per così dire, un’anima”. Solo una parola suonò nel suo cuore.

Anima, “a-ni-ma”, suonava per la prima volta dalla sua bocca, la prima parola della sua giornata, il primo sorriso dopo tempo. Quella parola suonava come un abbraccio all’una di notte mentre il mondo, troppo impegnato a riposare, non s’azzarderebbe nemmeno ad ammirare con la coda dell’occhio la luna piena, la quale tentava di sbucare da una nuvola con le sue storie mozzafiato che nessuno avrebbe mai voluto ascoltare. Forse “Anima” le avrebbe ascoltate. Forse la sua anima le avrebbe ascoltate. O forse no, ma si guardò intorno. Cercava la sua anima nel mezzo di mille mura, ma sapeva di essere nel posto giusto. Si poteva cominciare a stendere i colori sulla tela. Si poteva cominciare a scrivere la propria storia.