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Rapetti

L'archivio Attilio Rapetti fu acquisito dalla Biblioteca alla metà degli anni Sessanta e comprende sia lo Schedario vero e proprio che la biblioteca dello studioso, per la maggior parte composta di libri riguardanti Piacenza. La fisionomia documentaria caratterizza lo schedario Rapetti come archivio di ricerca, con una forte e specifica vocazione nel settore della storia locale, in grado di offrire una originale ed articolata documentazione della storia e della cultura di Piacenza nei vari secoli e nel secolo XIX in particolare.

Attilio Rapetti, nato a Piacenza il 23 maggio 1874 da Vigilio, direttore dell’Orfanotrofio cittadino, ed Enrichetta Rizzoli, dopo gli studi compiuti a Pavia, fu prima collaboratore delle case editrici Treves, Vallardi, Sandron e Lattes, poi insegnante di materie letterarie alle medie di Fiorenzuola, Codogno e Castel San Giovanni. Iniziò le sue prime appassionate ricerche bibliografiche ed archivistiche appena ventenne, nel 1894 e da allora le proseguì ininterrottamente. Oltre che ad appuntare e raccogliere memorie su foglietti poi schedati secondo la materia, Rapetti diede alle stampe diversi studi, dalla Guida al Duomo di Piacenza, (1901) alla Galleria moderna Ricci Oddi (1932), dallo Stradario del Comune di Piacenza (1939) ad uno studio sugli orafi piacentini del 1937. Nel catalogo per autori della Passerini-Landi i titoli pubblicati sono circa una quanrantina e comprendono opere a stampa, estratti, oltrechè un dattiloscritto sugli affreschi del Pordenone a Cortemaggiore, un manoscritto del 1920 sulla Basilica di Sant’Antonino ed un altro manoscritto del 1947 sull’architettura barocca a Piacenza. Una varietà di interessi ed argomenti che troviamo riflessi anche nei articoli (circa un ventina) pubblicati sul Bollettino storico, con il quale iniziò la collaborazione nel 1935 con un contributo sui pittori piacentini dell’Ottocento, e nei numerosissimi articoli pubblicati sulla Libertà, in particolare nel decennio tra 1947 e il 1957 (esiste nel cassettino della corrispondenza un quadernetto con annotati scrupolosamente tutti questi articoli). Come detto, gli interessi del Rapetti furono i più disparati però se di preferenze vogliamo parlare, sicuramente la sua attenzione è rivolta alla storia dell’arte e alle tradizioni popolari. Un’opera che il Rapetti avrebbe fortemente voluto ma che non vide la luce fu un dizionario degli artisti piacentini, al quale aveva lavorato negli ultimi anni della sua vita.
Il materiale raccolto dal Rapetti fu acquisito – nella sua quasi interezza - dalla Biblioteca alla metà degli anni Sessanta e comprende sia lo Schedario vero e proprio che la biblioteca dello studioso, per la maggior parte composta di libri riguardanti Piacenza. Complessivamente lo schedario è strutturato in 34 grandi cassetti (16 contenenti schede relative a personaggi, 18 a soggetti diversi) . Ogni cassetto contiene, ovviamente a livello medio, 150 fascicoli e quindi complessivamente i fascicoli del Rapetti sono ragionevolmente stimabili in oltre cinquemila. I libri e gli opuscoli della Biblioteca in 109 miscellanee di diversa consistenza. Tutti i libri sono stati catalogati nello schedario cartaceo della Biblioteca, andando a costituire la doppia copia di volumi già posseduti dalla Biblioteca, ma non mancano anche volumi unici che sono andati ad integrare le collezioni della Passerini.
La fisionomia documentaria caratterizza lo schedario Rapetti come archivio di ricerca, con una forte e specifica vocazione nel settore della storia locale, in grado di offrire una originale ed articolata documentazione della storia e della cultura di Piacenza nei vari secoli e nel secolo XIX in particolare.
L’ordine dato dal Rapetti al suo Schedario, consultabile in Biblioteca previa richiesta, è stato rigorosamente rispettato. Due sono stati gli interventi operati dalla Biblioteca nel corso degli anni: uno che è andato nella direzione della continuità, con l’aggiornamento sistematico delle voci che è stato però interrotto al 2001; e l’altro che è andato nella direzione della valorizzazione e catalogazione del materiale iconografico, con lo scorporamento dai fascicoli delle foto, confluite nel Fondo Fotografico della Biblioteca, ora interamente digitalizzato. Nel 1999, inoltre, grazie alla liberalità della Banca di Piacenza, sono state inoltre acquisite dagli eredi Rapetti anche 103 allegazioni dei secoli XVII e XVIII che hanno integrato in modo consistente le Allegazioni possedute dalla Biblioteca contribuendo ad allargare il quadro della produzione di questo particolare genere di pubblicazioni.
L’origine e la particolare natura di questa Collezione di grandi dimensioni, con molteplici stratificazioni interne riflette gli interessi di studio di Attilio Rapetti, ma palesa un ancor più vasto programma bibliografico, anche grazie all’attenzione che sempre la direzione della Biblioteca ha riservato a questo particolare Fondo. La collezione Rapetti è insieme una collezione d’autore di ricerca, è una collezione d’autore che per volontà stessa del donatore aspira a proporsi e a crescere anche come collezione di ricerca.
In una intervista apparsa su Selezione Piacentina nel novembre 1960 Rapetti, spiegava le origini della sua collezione: “è una mania che mi è nata incidentalmente, come uno che da un certo momento della sua vita decide di collezionare farfalle o francobolli. Si comincia per scherzo ma il gioco poi diventa una febbre che tende inesorabilmente a salire. È come essere coinvolti in una strana passione. Il fatto è che una volta iniziato il lavoro di ricerca e schedatura, lo smettere sarebbe come un tradire”.