Il capitalismo spiegato a mia nipote

Emanciparsi dal capitalismo. Anzi, affrancarsene. Anzi, ripudiarlo. Anzi, eradicarlo dalla società. Anzi, estirparlo dal pianeta.
Non è un punto di vista estetico: è una percezione sensoriale sinestetica. Quantomeno di Jean Ziegler, professore alla Sorbona di Parigi, parlamentare all'Assemblea della Federazione elvetica, Relatore speciale dell'ONU sul diritto al cibo e vice Presidente del Comitato consultivo del Consiglio per i Diritti Umani delle Nazioni Unite.
Le dinamiche del mercato globale, con il predominio delle multinazionali, la polarizzazione della ricchezza, le privatizzazioni di cui il capitalismo si serve, hanno determinato l'estremo impoverimento di intere regioni del mondo. L'invasività di questo modello economico, confermata dalla stessa Banca Mondiale, è tale per cui più di due miliardi di persone vivono oggi in povertà assoluta, causando, solo in Guatemala nel 2015, la morte per fame di più di 100.000 bambini di età inferiore ai 10 anni. La chiave per comprendere la causa di questa sopraffazione è la deformazione della "catena di valore" : una sarta del Bangladesh per cucire i jeans che a noi costano 54 Euro riceve 25 centesimi. Meccanismo che, moltiplicato all'infinito, fa sì che gli 85 uomini più ricchi della Terra posseggano in valore tutto il patrimonio dei 3,5 miliardi di persone più povere dell'umanità e che nel 2020 le 500 imprese transazionali più potenti del mondo abbiano disposto del 52% del PIL terrestre. Soprattutto Ziegler si ribella contro il fatalismo economico, la convinzione che ogni sforzo per vincere il capitalismo sia vano. Crede che tale ingiustizia verrà alla fine debellata dalla "rivendicazione della forza dell'utopia". Speriamolo, almeno.

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Il capitalismo spiegato a mia nipote: nella speranza che ne vedrà la fine, di Jean Ziegler, Meltemi, 2021

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