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Seneca e noi

Riflessioni sulla vicenda esistenziale e intellettuale di un controverso maestro di coscienza. Incontro con il Prof. Giuseppe Dossena. Venerdì 10 maggio, ore 16.00, Biblioteca Passerini-Landi, Salone Monumentale

L'incontro sarà occasione per riflettere sulla vicenda esistenziale e intellettuale di un controverso Maestro di coscienza: Seneca.

Interverrà il professore Giuseppe Dossena.

Conferenza a cura della Società Dante Alighieri

Seneca è stato senza dubbio un eminente Maestro di vita. Il suo pensiero e la sua coscienza sono da considerare come fattore di riflessioni.
Percezione dell’elevazione spirituale, tema della libertà dalle passioni, idea spirituale della divinità, libertà perseguibile attraverso la conoscenza, importanza delle scienze, sono tutti elementi del pensiero senechiano e della profonda coscienza intellettuale ed esistenziale del suddetto filosofo romano.
Non si tratta di un banale eclettismo, ma anzi emergono dal suo pensiero principi basilari sulla vita dell’Uomo. Natura e Ragione a cui l’Uomo deve conformarsi ed obbedire, quale principio che regge il mondo. Una nota di particolare distacco rispetto alla dottrina stoica sta alla base della figura del sapiens, il saggio. Lo spirito latino pragmatico di Seneca lo porta a eliminare i tratti disumani attribuiti al sapiente.
La saggezza si configura così come dominazione ragionevole delle passioni e non come apatia e immunità dai sentimenti. L'ascesi spirituale del saggio si compone di cinque tappe fondamentali. Ed è proprio attraverso il raggiungimento della libertà interiore, alla luce di tali principi, che l’Uomo può raggiungere la felicità. La sapienza si configura come un mezzo e non come un fine, il mezzo attraverso il quale l'uomo realizza tale libertà interiore, e non una conoscenza fine a sé stessa. Il rapporto con Nerone, dapprima normale e di ausilio, poi si deteriorò, tanto da
essere ordinato a Seneca dall’Imperatore di “suicidarsi”, cosa a cui Seneca obbedì, e compì con altissima dignità, nella sua alta concezione che “il saggio non deve compromettere la propria integrità morale”, ed affrontando pertanto la “condanna” con la serena consapevolezza del filosofo e con l'imperturbabilità del filosofo di fronte alle estreme vicende.
Si tratta di una riflessione sulla grandezza del pensiero di Seneca, non certo per il “suicidio comandato ed osservato”, ma per l’alta dignità del suo “modus conscientiae”.